Politecnico di Torino, l’Università degli Studi di Torino e l’Università del Piemonte Orientale stanno portando avanti un progetto comune di studio e salvaguardia dei corsi d'acqua
Gli ecosistemi fluviali sono tra gli ambienti più complessi esistenti in natura. Al Festival si parla anche di ecologia e dell’aiuto che la tecnologia può fornire per tutelare la biodiversità. Luca Ridolfi, docente di Idraulica al Politecnico, presenta degli strumenti innovativi per studiare le caratteristiche del fiume e i sistemi che lo tengono in vita, tra cui la catena alimentare. I legami del fiume con il suo contesto sono profondi e complessi. Per esempio pochi sanno che nell’ecosistema fluviale la fauna vive grazie agli alberi, che portano energia in modo indiretto.
Come accade in altre tipologie di ambiente, l’intervento dell’uomo interrompe gli scambi tra le dimensioni spaziali dei fiumi: dighe, argini e altri artifici umani modificano in maniera consistente la vita dei corsi d’acqua. Ridolfi dialoga con Francesca Bona e Stefano Fenoglio, docenti di Ecologia rispettivamente al Politecnico di Torino e all’Università del Piemonte Orientale, mettendo in luce nuovi metodi di intervento a basso impatto ambientale. “È importante tutelare la vegetazione riparia lungo i fiumi – spiega Bona – per mantenere il microclima ideale e l’interscambio di materia organica”.
La base della catena alimentare fluviale è costituita da piccole alghe chiamate “diatomee”, organismi microscopici che spesso sui media vengono segnalate come “invasive”. Bona ricorda la storia della presunta invasione di alghe denunciata alcuni anni fa nel Po, esagerata e spiegata erroneamente sui mezzi di informazione. Invece le diatomee sono responsabili per il 30% di tutta la Co2 presente nell’atmosfera, per cui hanno un compito fondamentale. Queste piante vengono usate dai ricercatori per “biomonitorare” i fiumi, vale a dire per controllare i loro segni vitali. Le diatomee hanno un ruolo importante anche per i medici legali forensi, che le esaminano per stabilire luogo e ora della morte dei cadaveri ritrovati in acqua. Inoltre possono servire per produrre biodiesel, oppure sostanze utili come gli omega3.
“I fiumi rappresentano solamente lo 0,002 per cento dell’acqua totale del pianeta – sottolinea Fenoglio – Li studiamo perché hanno una capacità depurativa naturale. L’ecologia fluviale si è accorta di come nei corsi d’acqua ci sia una grande quantità di pesci, anche di grandi dimensioni, ma la quasi totale assenza di flora. Questo perché nei tratti pianeggianti l’acqua è troppo profonda, mentre in montagna ha troppa energia potenziale. Le alghe sono un’eccezione, ma la maggior parte dell’energia arriva da fuori, per esempio dalle foglie che cadono dagli alberi lungo le rive”. Fenoglio lo citando un libro per bambini pubblicato negliS tati Uniti, Le trote sono fatte da alberi, titolo che racchiude questo concetto di “alimentazione del fiume”.
“La vita delle città non sarebbe la stessa senza i fiumi – avverte Fenoglio – dalla semplice irrigazione alle linee aeree che un tempo sfruttavano i corsi d’acqua come piste d’atterraggio – a questo proposito è famosa la linea di idrovolanti Torino-Trieste”.
Il progetto che il Politecnico, l’Università degli Studi di Torino e l’Università del Piemonte Orientale stanno portando avanti è descritto nel libro Ecologia fluviale, che esamina ogni aspetto dell’argomento.
“Dobbiamo misurare meglio il fiume per costruire migliori modelli matematici – specifica Ridolfi – Significa che dobbiamo studiare in modo più approfondito la velocità del fiume e la capacità degli esseri viventi di sopravvivere a questa velocità. Oggi effettuiamo i calcoli con l’effetto Doppler, che invia onde sonore sul fondale. Il loro ‘rimbalzo’ viene colto da rilevatori acustici, che misurano la velocità dell’acqua”. In alternativa è possibile utilizzare la tecnologia PIV – Particle Image Velocimetry, che permette di studiare il campo di moto di un oggetto e consente di capire la fisiologia dei pesci. Un altro contributo ingegneristico è il rilevamento topologico, per scoprire come sono fatti i fondali e le rive.
I fiumi si studiano per la bellezza, dicono gli ospiti dell’incontro, sia dal punto di vista matematico-biologico, sia da quello estetico. La loro importanza per l’umanità è enorme, dal momento che nel nostro futuro avremo sempre più bisogno d’acqua. Se i fiumi non stanno bene - come in questo momento in cui troppi sono inquinati e deviati dal loro corso naturale - allora anche gli esseri umani sono destinati a soffrire.
La registrazione integrale dell'incontro