The game: la tecnologia spiegata dallo scrittore Alessandro Baricco mette tutti d’accordo

Ven, 8/11/2019 - 20:50

Ci sono un ingegnere e un umanista, sono nell’aula Magna del Politecnico di Torino e vogliono parlare di tecnologia. “Da dove preferisci partire?” chiede Juan Carlos De Martin, curatore scientifico del Festival, allo scrittore Alessandro Baricco: “Dal Toro, la mia squadra del cuore”.

Inizia con una battuta l’incontro dal titolo “Il grande gioco digitale”. Baricco, fondatore della Scuola Holden, parla del suo libro più recente - intitolato non a caso The Game - per esplorare la mutazione dell’uomo nell’era digitale. “Oggi contestiamo i ragazzini che stanno tutto il giorno attaccati a questi nuovi strumenti, gli smartphone, ma dobbiamo capire che dietro a quel gesto c'è un'idea”.

Baricco parla del rapporto tra nuove generazioni e tecnologia, pensata come prolungamento biologico del corpo, dice che “Il game sarà una civiltà matura in tutto e per tutto quando sarà abitata da gente che ci è nata dentro. Quando le generazioni che ora hanno dieci anni, ne compiranno venti, quella sarà la civiltà del game”.  Secondo Baricco, gli umani che si adattano al gioco tecnologico non hanno più bisogno di ricordare, ma la memoria a quel punto diventa un gesto collettivo: “La nostra è la civiltà più passatista del mondo”. Questo la rende paradossalmente accessibile a menti giovani, e così “mio figlio di tredici anni conosce le canzoni di Giorgio Gaber, anche se quello è il mio passato” dice lo scrittore. Il passato quindi diventa di tutte le giovani menti che non l’hanno mai vissuto.

Riguardo al suo futuro letterario, invece, Baricco dice che non uscirà un seguito di The game. All’orizzonte, però, un progetto c’è: affrontare alcuni dei temi emersi dal volume The game unplugged, la raccolta di dodici saggi scritti da autori tra i 30 e i 40 anni, in parte contestando l’opera di Baricco, che risponde loro: “Sono molto delusi, sembrano chiamarsi fuori dal gioco tecnologico”.

E così lo scrittore, classe 1958, finisce per sembrare più progressista di quei dodici giovani che criticano il suo modo di vedere il gioco digitale.

 

Chiara Manetti (futura.news)