Dalla riflessione sullo sviluppo economico italiano nel XX Secolo e sull'evoluzione del settore automotive, Giorgio Garuzzo, Gianni Massa, Amedeo Visconti e Mariella Mengozzi lanciano l'idea di una raccolta delle grandi scoperte dell'ingegno italiano
In una famosa scena del film 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, una scimmia prende coscienza di poter usare un osso come uno strumento per interagire con la realtà circostante e modificarla a suo piacimento. "È quanto consente l’ingegneria, a livelli diversi, nella transizione da forma, come insieme di elementi, a struttura, come insieme di elementi e dello loro possibili relazioni." In questo modo l’ingegner Gianni Massa descrive il ruolo degli studi tecnici nella conoscenza del mondo.
Con il contributo come moderatrice di Mariella Mengozzi, Direttrice del Museo dell’Automobile, Massa dialoga con i colleghi Giorgio Garuzzo e Amedeo Visconti sul passato e sul futuro dell’ingegneria dell’automobile, che lasciano nel presente l’esigenza di pensare una “Hall of fame” delle invenzioni italiane, da conservare e tramandare.
“Nel tempo l'ingegneria ha guidato l'evoluzione del linguaggio dal campo analogico a quello digitale, si pensi al vinile nel passato e a Spotify oggi – spiega Massa - L'ingegneria e la tecnologia ad essa connessa diventano fondamentali anche nello sport: nella Formula 1 macchina e pilota adattano il loro comportamento in base a segnali ricevuti da complesso sistema di sensori. In questo ambito l'ingegneria sintetizza gli aspetti antitetici di sicurezza e velocità. L’ingegneria consente anche di oltrepassare il confine tra percezione, cognizione e azione.”
La figura dell’ingegnere rappresenta una sintesi tra discipline differenti, protagonista della stagione di fortissimo sviluppo vissuta dall’Italia tra gli anni ’50 e ’60. “L’Italia appena uscita dalla guerra ebbe una crescita esponenziale, un ‘miracolo economico’ che la portò a diventare la settima potenza a livello mondiale – ricorda Garuzzo - Questo risultato si deve in particolare al contributo di lavoratori e imprenditori, ma anche a un importante dispiegamento di tecnologie che ha reso possibile la transizione del nostro Paese da agricolo a tecnologico.”
Garuzzo ha avuto un’importante esperienza alla Olivetti, azienda che nell’epoca del “boom” “Viveva per innovare, per lanciare sul mercato prodotti sempre più innovativi e competitivi rispetto ai modelli precedenti – sottolinea Garuzzo – tutti in azienda avevano l’innovazione come missione principale. Questo accadeva ovviamente anche in altre imprese di successo, come la Fiat.”
L’automobile è il simbolo dello sviluppo italiano nel dopoguerra. Un settore prima elitario, che diventa popolare con la produzione di auto dai costi contenuti e diffusissime grazie alle prime campagne di marketing a tappeto. Non fu però soltanto il settore industriale per il grande mercato a espandersi, ma bisogna considerare anche quello delle competizioni e della fascia “gran turismo” delle auto di lusso.
“Gli obiettivi sono differenti – commenta Amedeo Visconti, già direttore del Centro ricerche Fiat e della Squadra Corse F1 alla Ferrari – nelle competizioni si punta a vincere senza curarsi tanto dei profitti, che per la produzione di serie diventano fondamentali, come diceva Enzo Ferrari ‘il profitto è fonte economica di guadagno per fare macchine da corsa migliori’. Bisogna distinguere gli ambiti: in Formula 1 conta realizzare alte prestazioni a qualunque prezzo, gran turismo significa avere prestazioni superiori alla concorrenza a prezzo ragionevole per l’azienda, mentre le vetture ordinarie rappresentano un prodotto a basso costo, medie prestazioni, tutto sommato allineato alla concorrenza."
In Italia spesso il trasferimento tecnologico da un ambito all’altro, che fa la fortuna della produzione in serie, avviene spesso con lo spostamento fisico delle persone in altri rami d’azienda. Visconti stesso ha fatto questo percorso dalle corse alla produzione industriale. All’estero si privilegia il passaggio dei dati con report puntuali al termine della fase di ricerca.
Come devono essere gli ingegneri del futuro? “Servono capacità di innovare e autostima alta – risponde Visconti – L’innovazione si definisce come una risposta originale a un problema: la risposta razionale porterebbe a uniformare tutte le soluzioni ingegneristiche. L’autostima, invece, serve per analizzare rigorosamente un problema e per sapere quando usare la propria fantasia, le doti di immaginazione”. In sostanza, per inventare ci vuole personalità.
L’ingegner Garuzzo, a questo proposito, da qualche tempo propone l’idea di istituire una “Hall of Fame” dell’ingegneria italiana dove raccogliere, come fonte di ispirazione per i futuri inventori, tutte le più importanti soluzioni ingegneristiche, “una raccolta museale – spiega Garuzzo – in cui fa confluire le opere, i progetti, i materiali che rappresentano l’orgoglio italiano. Una raccolta di testimonianze memorabili in ambito informatico, automotive, civile e di altri comparti, che ponga solide basi per dare un futuro all'ingegno italiano."
La registrazione integrale dell'incontro