La storia dell'alimentazione degli astronauti è innovazione di successo
Il cibo nello spazio è un esempio delle sfide che l’evoluzione tecnologica ci propone, a livello di produzione, conservazione, consumo e qualità degli alimenti. “Quello che facciamo oggi è un salto nello spazio per affrontare alcuni dei problemi che riguardano la vita in orbita degli astronauti - esordisce il giornalista Antonio Lo Campo - Per esempio, l’alimentazione. Le moderne missioni spaziali sono di lunga durata: si estendono per almeno sei mesi. Il cibo in orbita diventa allora sempre più importante. Soprattutto con le prime stazioni spaziali”.
Al Festival, Liliana Ravagnolo e Cristiano Romanelli di ALTEC - Aerospace Logistics Technology Engineering Company, società leader della produzione di tecnologie aerospaziali - hanno parlato degli standard esigenti imposti dai protocolli che regolano la salute di chi viaggia fuori dall'atmosfera terrestre e del ruolo dell'Italia nell'industria di settore. "Più del 50% della parte abitata della stazione spaziale è stata realizzata in Italia, in particolare a Torino - ha sottolineato Romanelli - La Space Economy contemporanea vede lo spazio non come un settore per pochi eletti, ma come l'opportunità per impegnarsi in sperimentazioni estremamente utili. Non parlo solo di telecomunicazioni”.
La storia tecnologica del cibo nello spazio parte da lontano, come spiega Liliana Ravagnolo, che da oltre vent'anni prepara i viaggiatori spaziali: “I primi cosmonauti, da Gagarin in poi, si nutrivano con cibo poco invitante. Ad esempio, mangiavano da tubetti un impasto a base di carne di manzo, nutriente ma privo di gusto”. È con il programma Apollo della Nasa che si inizia a comprendere l’importanza del cibo anche dal punto di vista psicologico. Da quel momento vengono sviluppati alimenti più simili a quelli mangiati sulla Terra, sia per gusto che per consistenza. Agli astronauti viene fornita una vera e proprio cucina e dei tavoli intorno a cui mangiare insieme. Il cibo diventa convivialità, anche tra le stelle.
Con la tecnologia degli shuttle diventa possibile alimentarsi anche di frutta e verdura fresca. Ma l’elemento più importante resta l’acqua. In orbita gli astronauti consumano principalmente soft drink in busta a cui aggiungono liquido caldo o freddo. Francesca Bersani, che lavora per Smat – la Società Metropolitana Acque Torino, che si occupa anche di produrre l’acqua di volo da utilizzare nello spazio – ha sottolineato come “Nello spazio è necessario un riciclo costante dell’acqua, inclusi condensa e urina filtrate e distillate attraverso processi chimici. Smat di occupa di ottimizzare la fase di produzione per garantire la stabilità dell'acqua per almeno sei mesi. Le tecnologie di monitoraggio usate nello spazio, applicate anche sulla Terra, vengono implementate costantemente, soprattutto quando possono migliorare la gestione dell’acqua potabile in situazioni potenzialmente critiche o in ambienti vulnerabili come gli ospedali".
Cosa aspettarci dal futuro? L’obiettivo è svincolarsi sempre di più dalle stazioni a terra ed essere autonomi in orbita attraverso la produzione di cibo direttamente nello spazio. “È partita la sperimentazione di serre speciali. Tuttavia passerà del tempo prima che si possa consumare questo cibo, che deve superare tutti i controlli di sicurezza”, ha sottolineato Romanelli. Ora si sta lavorando al perfezionamento delle stampanti 3D che diano la possibilità agli astronauti di crearsi del cibo in tempo reale, soddisfacendo le esigenze nutrizionali. “Ci sono anche altre tecnologie e sperimentazioni ancora allo stato embrionale - ha concluso Romanelli - come la produzione di carne a partire dalle cellule bovine, senza dover ricorrere alla macellazione, risparmiando energia e risorse. Tecniche non ancora messe a punto, che però hanno delle grosse potenzialità. Vedremo cosa ci riserverà il futuro”.
Riccardo Liguori (futura.news)
La registrazione integrale dell'incontro