Come conciliare lo sviluppo tecnologico con la proprietà intellettuale delle opere d'ingegno nel campo culturale? Con un nuovo sistema di giusta distribuzione dei compensi e di tutela dei contenuti

Dom, 10/11/2019 - 19:00

Lo sviluppo della tecnologia interessa anche il settore della cultura e dell’intrattenimento, sollevando nuovi problemi nel campo del copyright. Il rapido cambiamento legato al diffondersi delle nuove tecnologie nella musica, nei videogiochi, nella televisione e nel cinema ci obbliga a costruire nuovi strumenti per descrivere e gestire la relazione dell’innovazione con economia, diritto e cultura, per assicurare il rispetto dei diritti di tutti: autori, editori e pubblico.

L’economia della musica ha subito grandi cambiamenti negli ultimi vent’anni, da quando si compravano solo album su supporti fisici all’era della dematerializzazione totale. “La prima grande rivoluzione nel campo musicale è stata nel 1999 – spiega Enzo Mazza, CEO di FIMI, la Federazione dell’industria musicale italiana, e Vice Presidente di Confindustria Cultura Italia – quando nacque Napster e ci fu il grande sviluppo del formato Mp3. La seconda quando venne lanciata la piattaforma iTunes di Apple e la terza con lo streaming video, la quarta e finora ultima è quella che stiamo vivendo con Spotify. Sullo sfondo rimane il tema della pirateria, che rende l’aspetto tecnologico e quello legale molto ben connessi. In generale, in Italia il mercato del disco fisico è in declino, essendosi ormai affermati i servizi di musica in streaming digitale. Di conseguenza si è presentato il grande tema della remunerazione, a cui si è tentato di dare una soluzione con la direttiva sul copyright, che cerca di colmare il ‘value gap’, il divario tra valore della produzione artistica e il suo prezzo.

La protezione del diritto d’autore con l’aiuto della tecnologia è di fondamentale importanza per un utilizzo corretto dei prodotti culturali in rete. “L’aspetto della remunerazione e dello sfruttamento dei contenuti culturali digitali da parte di terzi è stato normato a partire dagli anni ’90 – ricorda Deborah De Angelis, avvocato esperto in diritto d’autore, diritto dello spettacolo e nuove tecnologie - quando si è verificato il passaggio di consegne tra analogico e digitale. I trattati della Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale – l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di questo tema - la Direttiva Europea 29/2001 e, in Italia, la legge 663 del 1941 costituiscono la cornice normativa di base. La raccolta dei metadati da associare a una data opera ne identifica l’autore e consente di superare il ‘value gap’ e di consegnare all’autore il giusto compenso. Bisognerebbe gestire il problema dei diritti prima della condivisione, mettendo al centro i metadati come unica chiave di sicurezza veramente efficace. Il futuro del diritto d’autore è la creazione di un sistema digitale interoperabile, che garantisca trasparenza e legalità”.

Nell’ambito dell’editoria e della carta stampata in particolare, l’avvento delle piattaforme digitali ha rischiato di creare sconquassi, mettendo in crisi un mercato storicamente in bilico. “Il problema nel campo dell’editoria cartacea si può confrontare con quello in campo musicale – dice Marco Ricolfi, docente di Diritto industriale all’Università degli Studi di Torino – ma mentre nella musica la minaccia è rappresentata dalla pirateria informatica, per la carta stampata il digitale assume un ruolo duplice e ambiguo, di amico-nemico. La priorità dev’essere risolvere il problema della monetizzazione dei contenuti dei giornali, come articoli e immagini. Una delle soluzioni proposte è quella di introdurre una sorta di ‘diritto connesso’, che tuteli gli editori a livello europeo”.

L’unione fa la forza, soprattutto nel campo della cultura digitale.

La registrazione integrale dell'incontro