Categoria
Attualità

Per millenni gli esseri umani hanno trovato la strada in una natura che hanno cercato di rappresentare e misurare per rendere la navigazione sicura o meno casuale. Il nostro sistema di orientamento biologico si basa sulla disponibilità di indicazioni visive a distanza; quando queste non sono accessibili (in mare aperto, nella nebbia, di notte, nei boschi) possiamo cercare di rimediare solo attraverso una complessa negoziazione tra la percezione dell'ambiente, la sua rappresentazione cartografica (o descrizione) e la sua misurazione con strumenti (bussola, sestante). Il GPS ha cambiato radicalmente la situazione: l'ambiente fisico è stato raddoppiato da una rimodulazione del campo elettromagnetico, un secondo mondo che è l'unico ad essere visto da sensori ormai disponibili in miliardi di dispositivi. La navigazione è un problema (quasi) risolto! Sappiamo ormai che questo vantaggio tecnologico comporta un indebolimento della nostra capacità nativa di orientamento e di navigazione. Ma occorre sollevare una questione più importante. La mappa ci ha costretti a un andirivieni percettivo con ciò che ci circonda; il GPS ci fa guardare solo lo schermo. E non dovendo più guardare l'ambiente, non lo osserviamo più. Ma un ambiente che osserviamo di più è un ambiente che perdiamo.

Ospiti

Roberto Casati

Roberto Casati dirige l'Institut Nicod di Parigi. Filosofo delle scienze cognitive, lavora sulla rappresentazione umana dello spazio. Il suo libro Contro il colonialismo digitale ha suscitato un dibattito sulla tecnologia nelle scuole.

La lezione del freddo (Einaudi 2017), è la storia di un anno low tech nel New Hampshire.