Cristiano Antonelli analizza presente e futuro dello scambio di saperi

Sab, 9/11/2019 - 16:53

Si può accomunare la conoscenza a una patata comprata al mercato? La domanda fa sorridere e riflettere allo stesso tempo. Proprio dal valore degli oggetti che compriamo e siamo ogni giorno, paragonato al valore dei nostri saperi, parte la riflessione durante l’incontro sull’economia della conoscenza tenuto da Cristiano Antonelli, docente di Politica economica ed esperto nello sviluppo tecnologico, che ha lavorato per le Università di Manchester, Nizza, Lione e Parigi ed è editor della rivista Economics Innovation and New Technology.

“Salire sulle spalle dei giganti ti fa vedere più lontano, ma se ti impedisco di farlo vedrai sempre peggio di altri – dice Antonelli - chi ha ideato la macchina elettrica per un singolo prodotto sarà poi in grado di duplicarla su 10mila macchine, e questa produzione darà l’input per portare avanti altri progetti. La conoscenza genera conoscenza ed è molto più complessa di quanto possa esserlo l’economia”.

Antonelli analizza la crescita dei paesi avanzati, che troppo spesso accomunano il sapere a una merce di scambio. In realtà, i due concetti non sembrano essere collegati. L’economia presuppone possibilità di divisione, l’essere proprietari di un bene e la sua manifesta esauribilità. Caratteristiche che non si possono applicare alla conoscenza: non è una merce di scambio, non è numero. Se condiviso, secondo Antonelli, il sapere non si esaurisce e non può essere quantificabile. Tanto meno può appartenere a un singolo soggetto.

Antonelli si chiede perché generare conoscenza se non si può possedere. Cosa ne guadagniamo tutti? Quando si produce un’idea c’è sempre il rischio che poco dopo venga copiata. Per questo, per far funzionare l’economia della conoscenza, servono incentivi. Il meccanismo funziona fino a quando domanda e offerta sono alla pari, vale a dire quando il professore che sviluppa un progetto riceve soldi per poter pubblicare e divulgare la conoscenza, quando dalla pubblicazione ottiene un guadagno, innescando un circolo virtuoso.

Anche alla luce di queste osservazioni, per Antonelli non è chiaro chi possa quantificare il peso e l’usura del sapere nel tempo. Nella Storia si è provato a limitare la dispersione della conoscenza, per esempio inventando un istituto come quello del brevetto per la divulgazione scientifica, ma questo ha finito solo per togliere possibilità alle persone. Il futuro non aspetta e questo tipo di ricerca merita ancora tanta attenzione.

 

Valeria Tuberosi (futura.news)